Il 9 aprile del 1935 veniva diramata, a firma dell’allora sottosegretario del Ministero dell’Interno Buffarini Guidi, la circolare n. 600/158; si trattava di un provvedimento che non arrivava per caso, ma coronava anni di preparazione istituzionale che si era concretizzata soprattutto in una serie di direttive ai prefetti. Questi si dimostrarono alquanto altalenanti nel giudizio di merito e, anche se in via generale tendevano a riconoscere che non esistevano elementi di pericolosità, finivano con il suggerire iniziative restrittive soprattutto per le pressioni che venivano esercitate dal clero locale. Insomma, si trattò di un crescendo che però faticava a trovare giustificazioni di ordine giuridico e penale; perciò si pensò di ricorrere a motivazione di carattere psichiatrico da cui, con molta probabilità, derivò poi la terminologia usata nella circolare che ben si adattava allo spirito del momento relativamente alle questioni razziali. Ed ecco il testo:

   Esistono in alcune province del Regno semplici associazioni di fatto che, sotto la denominazione di Pentecostali o Pentecostieri o Neumatici o Tremolanti, attendono a pratiche di culto in riunioni generalmente presiedute da ‘anziani’.

   II culto professato dalle anzi dette associazioni, non riconosciute a norma dell’articolo 2 della legge 24 giugno 1929, n. 1159, non può ulteriormente essere ammesso nel Regno, agli effetti dell’articolo 1 della citata legge, essendo risultato che esso si estrinseca e concreta in pratiche religiose contrarie all’ordine sociale e nocive all’integrità fisica e psichica della razza.

   Pertanto le LL. EE. provvederanno subito per lo scioglimento, dovunque esistano, delle associazioni in parola; e per la chiusura dei relativi oratori e sale di riunione; disponendo conseguentemente anche per una opportuna vigilanza, allo scopo di evitare che ulteriori riunioni e manifestazioni di attività religiosa da parte degli adepti possano avere luogo in qualsiasi altro modo o forma.

   Si gradirà sollecita assicurazione dell’adempimento.

L’intera vicenda è ben nota ai giuristi e agli studiosi di storia contemporanea, alcuni dei quali ne hanno fatto specifico oggetto di studio (Giorgio Rochat, Giorgio Spini, Giorgio Peyrot, Pietro Scoppola, Roberto Ferrara e altri). Il solerte sottosegretario fu molto probabilmente coadiuvato dal potente direttore generale della Pubblica Sicurezza, Arturo Bocchini, il quale si era tanto prodigato nelle sollecitazioni ai prefetti contro i pentecostali. Nel confezionare questo provvedimento (considerato il più grave atto di intolleranza religiosa che sia stato compiuto in Italia dopo l’Unità) cercarono anche un’improbabile giustificazione giuridica con un richiamo fuori luogo all’articolo 1 della legge sui culti ammessi del 1929; soprattutto se si tiene conto della circolare 442/74128 del 30 dicembre 1931 della Direzione generale di Pubblica Sicurezza con la quale si dichiarava esplicitamente, invece, che il culto pentecostale era pienamente riconosciuto nello spirito di quella stessa legge.

Da quel momento periodicamente si tornò alla carica cercando di trovare motivi più o meno plausibili a quella che ormai si profilava come una vera e propria persecuzione programmata contro poche migliaia di persone, in gran parte semianalfabete, contadini e operai che non avevano altra colpa se non quella di aver preso molto sul serio ciò in cui credevano e che per loro coincideva con l’insegnamento della Bibbia. Così, il 22 agosto del 1939 fu emanata un’altra circolare, lunga ed accurata, della Direzione generale di Pubblica sicurezza (la 441/027713) che cercava di investire i pentecostali di un attivismo politico anti regime assolutamente infondato; e il 13 marzo 1940 fu seguita dalla n. 441/02977 che, tra l’altro, dimostrava come ormai la polizia fosse in grado di distinguere chiaramente i tratti caratteristici dei pentecostali anche sul piano culturale e teologico segnalando un certo atteggiamento anti militarista e pacifista di alcuni aderenti. È veramente curioso che un regime arcigno e truculento come quello fascista abbia potuto accanirsi in modo così aggressivo verso uno sparuto gruppo di cittadini non allineati dal punto di vista religioso.

Tutto ciò ebbe ripercussioni molto severe incidendo seriamente sulla vita di centinaia di persone e causando profonda sofferenza alle semplici e miti comunità pentecostali. Ecco come uno dei più prestigiosi pastori di quegli anni e degli anni seguenti, Roberto Bracco, descrive il clima corrente in un ricordo autobiografico:

   Arresti dopo arresti; esilio, prigione, processi, rimpatri, minacce, percosse (…). Ormai questi colpi non potevano più essere individuati in ordine distinto, perché un fragore solo formato di cento, mille colpi coinvolse il movimento in una lotta di dimensioni generali. Trascorsero così lentamente gli otto anni di lacrime e sangue, che furono però anche anni di benedizione e di potenza. In quegli anni i figliuoli di Dio conobbero le esperienze più vive del cristianesimo. Non soltanto le esperienze dolorose, e pur necessarie, della prigionia, della separazione, della distretta, del pericolo costante e assillante, ma anche quelle luminose e liete delle liberazioni, delle benedizioni ineffabili, del miracolo.

   Questi otto anni possono essere ricostruiti giorno per giorno, perché anche oggi, che ci appaiono in distanza, ci appaiono nei particolari più vivi. Come dimenticare i lenti e furtivi esodi verso le campagne lontane per raccogliersi assieme, col favore della notte, lontani dagli occhi indiscreti? E come dimenticare le riunioni di culto solenni e trepidanti, tenute nel cuore delle caverne o delle grotte? Come dimenticare le ripetute partenze, piene di commozione e di pianto che esiliavano i fratelli, lontani dalle comunità? Come dimenticare i molteplici processi che ci accomunavano, sui banchi degli imputati, ai ladri, alle prostitute, ai mendicanti? Come dimenticare le celle delle prigioni o delle camere di sicurezza ove trascorremmo giorni di sofferenza, ma anche di letizia cristiana? Come dimenticare gli innumerevoli arresti pieni di circostanze emozionanti e di episodi drammatici?

I pentecostali uscirono da questo periodo quasi raddoppiati di numero; come sempre è accaduto nella storia, un’idea o una fede con la persecuzione si rafforza e alla fine vince. Persone prive di qualunque strumento di analisi e di difesa seppero mettere in campo una resistenza non violenta poggiata solo sulla loro incrollabile ed eroica fede.  Quegli otto anni forgiarono una generazione di pastori e di predicatori che nell’immediato dopoguerra avrebbe diffuso il culto pentecostale in tutto il Paese senza temere alcun ostacolo; neppure quelli ancora causati dalla circolare Buffarini Guidi che, a guerra conclusa, a forma di Stato cambiata, a Costituzione promulgata, era tenuta in vita in modo imperterrito. Ci volle tutta la caparbietà giuridica di Giorgio Peyrot e la costante pubblicistica di Giorgio Spini le quali, incontrandosi con l’interesse di alcuni esponenti del mondo della cultura e di quello politico, ottennero con fatica che il 16 aprile del 1955 la circolare venisse ritirata: con una nota riservata ai prefetti! Tuttavia, se vennero meno i motivi giuridici dell’avversione ai pentecostali non cambiarono certo gli atteggiamenti di supponenza culturale e confessionale che hanno continuato a creare forme di emarginazione sociale ed istituzionale nei loro confronti; ma questa è un’altra storia.