Sull’Espresso di ieri (9 ottobre) è apparso un articolo intitolato “Più affari che fede. La tratta delle nigeriane passa per le chiese pentecostali. Dalle indagini sui cult, le confraternite simili a cosche mafiose, emerge il ruolo delle chiese finanziate dai fedeli nella protezione dei traffici”. Bisogna leggere con molta pazienza e attenzione l’articolo per avere qualche possibilità di capire a cosa veramente intende riferirsi il titolo; di certo non aiuta l’incipit (che tra l’altro usa impropriamente il termine messa per descrivere la funzione religiosa pentecostale) e neppure la parte conclusiva nella quale si afferma che il fenomeno a cui si voleva alludere è quasi del tutto scomparso (e quindi verrebbe da chiedere che senso ha avuto l’intera indagine). 

La Federazione delle Chiese Pentecostali non rappresenta tutti i pentecostali presenti in Italia ma solo una parte di quelli italiani; tuttavia, la genericità con la quale l’aggettivo ‘pentecostali’ viene usato nel titolo e nel corso dell’articolo richiede che si faccia chiarezza ad evitare deduzioni errate e deleterie da parte di chi non è provvisto di adeguate informazioni al riguardo. Infatti, il modo in cui è costruito il titolo induce a pensare che il mondo pentecostale sia di per sé serbatoio di malaffare e di situazioni equivoche ed illegali non facendo alcuna distinzione e chiarificazione relativa al vasto mondo cui rimanda questo aggettivo. Insomma, una cattiva comunicazione che malcela una cattiva informazione. In quanto pentecostale la nostra Federazione non può che dolersi di questa approssimazione che purtroppo non è nuova e che periodicamente riemerge facendo trapelare anche una robusta ignoranza in fatto di questioni religiose di molti e a volte anche qualificati operatori della comunicazione. 

Oltre che della vastità del mondo pentecostale (tra l’altro richiamata nei dati numerici nell’articolo e che avrebbe dovuto consigliare una maggiore cautela nelle narrazione), bisogna quanto meno tenere presente che in Italia i pentecostali sono presenti da oltre un secolo e sono organizzati generalmente secondo le regole dell’ordinamento dello stato italiano in materia di associazionismo; inoltre, molte organizzazioni hanno il riconoscimento come ente di culto e due di queste hanno stipulato intese con lo Stato ai sensi dell’articolo 8 della Costituzione, quindi ai massimi livelli di rapporto dello stato con le confessione religiose diverse dalla cattolica. Hanno creato diverse attività di azione sociale, alcune di rilevante interesse, e hanno creato una Facoltà di teologia e scienze religiose che intrattiene rapporti con il mondo accademico laico e confessionale. Chi leggerà l’articolo (e per molti lettori questo significa limitarsi al titolo) sarà in grado di attribuire ai pentecostali anche queste caratteristiche o quando gli capiterà di vedere una tabella con sopra scritto ‘Chiesa pentecostale’ penserà solo alla tratta e allo sfruttamento delle donne? Ci auguriamo che una testata seria e autorevole come l’Espresso possa trovare il modo per correggere il messaggio fuorviante che è stato dato.