Carmine Napolitano

Sono trascorsi quasi venti anni dai primi contatti che ebbi con Gianni; le ragioni erano legate a motivi di studio e a contingenze pratiche dovute al lavoro pastorale. Interessi che finivano per convergere in un’unica direzione perché volti a risolvere questioni giuridiche che riguardavano la vita dei circuiti ecclesiastici entro i quali mi muovevo e che erano ancora lontani da quella stabilità organizzativa e istituzionale che per altre chiese ormai era un dato acquisito da decenni. Il suo ascolto attento e paziente caratterizzava quelle prime conversazioni; un’attitudine che sempre lo distinguerà anche quando le questioni erano giuridicamente mal poste oppure storicamente risolte o superate. Lo incuriosiva molto  quel mondo pentecostale entro il quale io mi muovevo e che era alla ricerca di nuovi assetti, di soluzioni non convenzionali e di un’inedita apertura verso forme di dialogo più o meno convinte con il mondo evangelico italiano; un mondo che darà poi vita alla Federazione delle Chiese Pentecostali la quale, una volta nata, trovò in Gianni un sostenitore, un consigliere, un mentore e in qualche caso un difensore. Non è mai mancato ad un’Assemblea Generale dalla prima, svoltasi nel 2001 quando era presidente della FCEI, all’ultima nel dicembre scorso in compagnia della moglie Danielle, quando già era impegnato in modo strenuo nell’impari lotta.

Usò la sua sapienza giuridica per dare il suo personale (ma insostituibile) contributo al dialogo che la Federazione pentecostale aveva accettato di condurre con il mondo della FCEI; il primo gesto concreto fu di risolvere un’annosa questione relativa alla gestione del Villaggio Evangelico di Monteforte Irpino. Con il suo consiglio e il suo appoggio si poté avviare un esperimento di collaborazione concreta tra mondo pentecostale e mondo riformato con la nascita di un’associazione interdenominazionale di chiese locali che assunse la responsabilità della gestione. Contemporaneamente volle che la neonata Federazione pentecostale diventasse membro della CCERS vincendo qualche resistenza di chi non conoscendo bene quel mondo paventava qualche rischio relazionale; ancora una volta, con maestria giuridica, usò le sue competenze per favorire il dialogo tra questi ambiti evangelici mettendo mano al regolamento della CCERS perché tutti si sentissero garantiti. Fu un’operazione molto lungimirante perché trasformò quell’organismo di lavoro in un luogo di incontro e di scambio che ha significato molto nei rapporti tra il mondo pentecostale e quello delle chiese cosiddette ‘storiche’. Di lì si arrivò poi all’inserimento delle due Federazioni come membri osservatori nelle rispettive Assemblee, ancora una volta grazie alla sua creatività giuridica capace di aprire spazi di collaborazione.

Non si tirò indietro quando si trattò di confrontarsi con l’Autority per le Onlus nel mirino della quale erano finite alcune chiese locali pentecostali che con troppa approssimazione configurate con questo status giuridico nascente attirate dai vantaggi offerti; lui, che sempre aveva ammonito contro scelte del genere, con pazienza e benevolenza si fece carico di un chiarimento con l’ente preposto che risolse situazioni potenzialmente pericolose per le chiese interessate.

La nascita della Facoltà pentecostale di Scienze religiose lo vide attento osservatore per la novità che comportava, ma anche entusiasta sostenitore di un progetto nel quale vedeva i risvolti positivi proiettati nel tempo; più volte è stato ospite della giovane istituzione accademica e in qualche caso provvidenziale consigliere per uscire da qualche difficoltà amministrativa. E quando ci fu bisogno di concreto sostegno procedurale non esitò a coinvolgere Danielle. Ma come non ricordare i consigli e le indicazioni profuse fine all’ultimo per permettere alla Consulta Evangelica, che rappresenta una cospicua parte di quel mondo pentecostale con cui egli volle sempre fraternamente dialogare, di incardinare la trattativa di  intesa con lo Stato rimanendo fedele ai propri principi ecclesiologici congregazionalisti e federali?

Gianni era un serio credente e un uomo buono; la sua straordinaria competenza giuridica sapeva diventare servizio e aiuto con una semplicità sorprendente. Ai pentecostali che lo hanno conosciuto e gli hanno voluto bene mancherà molto questo fratello in Cristo e amico sempre con il sorriso sulle labbra e sempre disposto ad ascoltarli. A me mancheranno le conversazioni informali e i confronti confidenziali sulle nostre realtà ecclesiali, le acutezze del suo ingegno e delle sue osservazioni su snodi decisivi della storia giuridica del mondo evangelico, l’amicizia che si andava irrobustendo ed è stata interrotta dall’imponderabile troppo presto, troppo bruscamente e perciò molto tristemente.

Ciao Gianni. Mi piace credere che da qualche parte ci stai sorridendo ascoltando le note senza tempo del tuo amato Bach.

Pubblicato su Riforma il 23 gennaio 2015