Caro Direttore,
con riferimento alla lettera aperta inviata alla Federazione delle Chiese Pentecostali vengo a precisare quanto segue.
Quale possa essere la posizione della FCP sulla questione dell’omosessualità credo che tutti lo sappiano, comprese quelle chiese storiche con i quali ci sono dialoghi aperti e alle quali in ogni occasione di incontro formale ed informale è stata ribadita; chi poi è seriamente interessato alle questioni e non solo a rappresentare malumori dovrebbe documentarsi un po’ più adeguatamente attraverso le pubblicazioni ufficiali per capire cosa pensa la FCP (tra l’altro, basta andare al sito della stessa per farsi un’idea). Però la FCP, sin dalla sua nascita, ha adottato un principio e cioè: la divergenza di posizioni anche sostanziale e delicata su alcuni temi non può creare rotture insanabili (secondo uno stile adottato ormai a livello mondiale nelle relazioni tra chiese); nello stesso tempo il dialogo e la collaborazione in ambiti di interesse comune non significa né mai potrà significare compromesso o accomodamento su tali questioni. Anzi, sedere ai tavoli di dialogo permette di esprimere con più chiarezza e immediatezza le proprie posizioni. Tutto ciò a chi è veramente è interessato alla sostanza delle cose sarebbe risultato estremamente chiaro se avesse letto i documenti nei quali, ancora prima che la FCP nascesse ufficialmente, è stato dichiarato qual’è il senso e lo scopo di questi rapporti.
Naturalmente, secondo i principi di autonomia sempre affermati nel mondo pentecostale, ogni chiesa locale e ogni pastore conserva la più ampia libertà di intervenire come crede e quando crede su ogni tema senza per questo pretendere di coinvolgere le istituzioni rappresentative e senza che queste ultime pretendano di imporre ad ogni livello le strategie di rappresentanza.
Quanto poi ai tempi e ai modi per un intervento pubblico sul tema specifico dell’omosessualità credo che questi non debbano essere imposti da nessuno; ma per evitare strumentalizzazioni tengo a segnalare che già nella scorsa Assemblea Generale si è dato mandato per costituire una commissione che si occupi di etica e bioetica con un doppio mandato: studiare quanto già prodotto da altri in materia ed elaborare documenti di discussione dai quali ricavare orientamenti e prospettive. Questo a novembre scorso. A gennaio si è insediato il nuovo esecutivo, si sono cominciate a dare indicazioni anche per la costituzione di questa commissione, ma gli ultimi mesi sono stati interamente assorbiti dall’organizzazione della conferenza con David Wilkerson che la FCP ha promosso. Se il Signore ha creato il mondo in sei giorni, forse ad una Federazione servono alcuni mesi per dotarsi di strumenti di lavoro che devono essere creati dal nulla. Ma forse ai firmatari sfugge che macchina complessa è la Federazione nei meccanismi decisionali e quanto sia difficile attivare (a pochi anni dalla sua nascita) meccanismi operativi che nel mondo pentecostale fino ad ieri non venivano neppure immaginati. Ciò che mi sorprende e mi infastidisce più di altro è proprio la mancanza di qualsiasi considerazione circa il significato di svolta che la nascita della FCP ha rappresentato nel mondo pentecostale e gli enormi sforzi che si stanno facendo (anche a fronte di risorse non adeguate) per riposizionare questo mondo a tutti i livelli, sia nell’opinione pubblica che negli assetti interni.
A questo punto ritengo opportuno segnalare che non è proprio preciso affermare che i firmatari (due dei quali non hanno alcun rapporto con la Federazione) abbiano sollecitato da molto tempo e atteso pazientemente un risposta che non è mai arrivata. C’è stata tra me e loro uno scambio di corrispondenza da quando sono venuto a conoscenza di questa loro intenzione; il tutto si è svolto da meno di un mese a questa parte e non sono riuscito a capire le ragioni che hanno indotto ad affrettare tanto la cosa. In questa corrispondenza ho chiarito non solo le ragioni di quello che loro ritengono un ritardo, ma anche i modi e i tempi con i quali la FCP intendeva intervenire sul tema sollevato. Il 21 aprile mi è stato risposto che i chiarimenti erano più che sufficienti e già quelli, se pubblicati, potevano essere una riposta adeguata. Dopo qualche giorno era già pronta una mia dichiarazione che solo il ponte festivo tra il 25 e il 27 ha impedito di far arrivare a te e ad altri mass media. Il 28 trovo la loro lettera pubblicata. A questo punto ho avuto grosse perplessità a pubblicare la dichiarazione perché si potrebbe avere la sensazione che abbia scritto perché obbligato. Poi, però, per evitare ulteriori strumentalizzazioni, ho pensato di inviarla comunque. Ci tengo a sottolineare, però, che la FCP in generale non intende sostenere prese di posizioni che nelle relazioni tra chiese evidenziano esclusivamente le questioni problematiche mettendo in ombra gli aspetti positivi.
Qui di seguito trasmetto la dichiarazione di cui sopra e comunico fin da ora che non interverrò su ulteriori repliche o riprese pubbliche di tale questione; rimane tuttavia la più ampia disponibilità ad affrontare ogni chiarimento utile con chi fosse interessato nelle sedi più opportune.
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